Akakor è una città ricordata nei miti di alcune tribù brasiliane, gli Ugha-Mongulala, i Dacca e gli Haiscia. Il giornalista Karl Brugger, entrato in contatto nel 1972 con queste etnie amazzoniche, riferì per la prima volta le loro saghe che abbracciano il periodo dalla creazione del mondo ai nostri giorni. Le leggende ricordano scintillanti vascelli scese dal cielo sulla terra, accompagnate ad suoni fragorosi e da fiamme, e di potenti visitatori venuti da un sistema stellare chiamato Schwerta. Questi visitatori portarono agli uomini le loro conoscenze e si allontanarono prima che si abbattesse un cataclisma. Brugger collocò Akakor tra Brasile e Perù, nelle profondità della selva amazzonica, presso le sorgenti del Purus, uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni.
Secondo Tatunca Nara, sovrano degli Ugha-Mongulala, Akakor avrebbe prosperato fin dal XII millennio a.C., e da Akakor sarebbe originata la cultura di Tiahuanaco e la cultura Inca. Inoltre Tatunca Nara riferì a Brugger che un gruppo di S.S. aveva raggiunto in sommergibile Akakor alla fine della seconda guerra mondiale: i Tedeschi si integrarono nella vita della tribù.
Brugger scrisse di aver viaggiato nell'alto Purus insieme a Tatunca Nara, ma non di aver mai raggiunto la mitica Akakor. La sua canoa si rovesciò e, persi viveri e medicinali, non se la sentì di proseguire a piedi.
Scrive Dino Vitagliano nell'articolo intitolato Il regno di Akakor: "Nel 13.000 a.C. brillanti navi dorate scesero nelle giungle lussureggianti del Sud America guidate da maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu, sei dita alle mani e ai piedi. Affermarono di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti, che incrocia la Terra ogni 6.000 anni. Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: pietre magiche per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo.
Con infinito amore donarono agli Indios il lume della civiltà e gettarono le basi di un impero vastissimo che comprendeva Akakor, l’imprendibile fortezza di pietra nella vallata sui monti al confine tra Perù e Brasile, Akanis in Messico e Akahim in Venezuela, le grandiose città di Humbaya e Patite in Bolivia, Cadira, Emin sul Grande Fiume e maestosi luoghi sacri: Salazare, Tiahuanaco e Manoa sull’altopiano a sud.
Sotto Akakor, una rete vastissima di tredici città sotterranee, nascoste alla vista degli intrusi, come arterie invisibili percorrono le millenarie foreste brasiliane. La loro pianta riproduce fedelmente Schwerta, la dimora cosmica degli Antichi Padri. Una luce innaturale le illumina all'interno, mentre un ingegnoso complesso di canalizzazioni porta aria ed acqua sin nelle sue profondità.
Il potente dominio, che contava sotto di sé trecentosessantadue milioni di individui, durò tremila anni quando nell'Ora Zero, il 10.481 a.C., gli Antichi Padri ripresero la via del cielo con la promessa di ritornare".
Si tratta di una tradizione notevole e che si correla a varie notizie ed ipotesi inerenti alla paleontologia, alla paleoastronautica ed all'ufologia: in primo luogo i viaggiatori delle stelle erano esadattili (si ricordino testimonianze analoghe circa questo particolare anatomico). Il toponimo Akakor evoca la città cambogiana Angkor, i cui magnifici templi sono disposti in modo da riprodurre la costellazione del Drago.
Tra i vari autori, in particolar modo, è stato Timothy Good in Base Terra a soffermarsi su una comunità di visitatori che si nasconderebbero nella foresta pluviale brasiliana. Qui nel 1964 l'uomo d'affari tedesco Ludwig F. Pallmann, stando alla sua testimonianza, incontrò dei sedicenti extraterrestri provenienti dal pianeta Itibi Ra. Pallmann fu condotto in una piantagione a sud ovest di Iquitos, vicino al confine peruviano con il Brasile, dove gli abitanti di Itibi Ra si sarebbero insediati nel 1946 per dedicarsi a ricerche sulla flora e ad esperimenti di ibridazione. Di questi cosmonauti Pallmann descrive le mani: "Non hanno unghie e la carne particolarmente rosea, sottile e morbida arriva fino all'estremità di ciascun dito. [...] Sembra che siano in grado di analizzare il suono e forse anche di sentire attraverso i nervi sensori delle punte delle loro dita. Più tardi, ebbi anche la certezza che usano le dita come noi usiamo la lingua, per assaggiare ed esplorare, specialmente quando svolgono lavori di ricerca biologica". E’ una "fotografia" molto accurata delle mani, ma l’autore non nota l’esadattilia, evidentemente perché i suoi ospiti non avevano mani con sei dita. Eppure esiste forse un collegamento tra gli ufonauti stanziatisi recentemente nell’Amazzonia e gli antichi uomini delle stelle.
Infatti, stando a Pallmann, "gli alieni avevano localizzato i resti di un’immensa città dimenticata da tempo immemorabile a cui fu dato il nome di Linislam, sepolta sotto uno strato di undici metri di vegetazione tropicale. Laggiù, all’interno di un tempio, scoprirono un enorme simbolo precolombiano che, a quanto dissero, dimostrava che migliaia di anni prima un’altra civiltà extraterrestre era sbarcata per prima sulla Terra. Xiti (donna proveniente da Itibi Ra, n.d.r.) mostrò a Pallmann un simbolo analogo su uno dei pannelli di controllo dell’astronave". (T. Good, op. cit.. p. 433)
Pallmann dunque, con il suo incredibile resoconto, sembra suffragare le leggende riguardanti Akakor, sebbene non si sappia se egli fosse a conoscenza delle tradizioni relative alla fantastica città che non è l’unica struttura sotterranea costruita da misteriose creature di cui si favoleggia.
Meravigliosi insediamenti ipogei scavati da esseri di altri mondi, si troverebbero anche negli Stati Uniti, nelle Isole Salomone, in Romania, in Tibet etc.
Secondo Tatunca Nara, sovrano degli Ugha-Mongulala, Akakor avrebbe prosperato fin dal XII millennio a.C., e da Akakor sarebbe originata la cultura di Tiahuanaco e la cultura Inca. Inoltre Tatunca Nara riferì a Brugger che un gruppo di S.S. aveva raggiunto in sommergibile Akakor alla fine della seconda guerra mondiale: i Tedeschi si integrarono nella vita della tribù.
Brugger scrisse di aver viaggiato nell'alto Purus insieme a Tatunca Nara, ma non di aver mai raggiunto la mitica Akakor. La sua canoa si rovesciò e, persi viveri e medicinali, non se la sentì di proseguire a piedi.
Scrive Dino Vitagliano nell'articolo intitolato Il regno di Akakor: "Nel 13.000 a.C. brillanti navi dorate scesero nelle giungle lussureggianti del Sud America guidate da maestosi stranieri con la carnagione bianca, il volto contornato dalla barba, folta chioma nera con riflessi blu, sei dita alle mani e ai piedi. Affermarono di provenire da Schwerta, una costellazione lontanissima con innumerevoli pianeti, che incrocia la Terra ogni 6.000 anni. Sconosciuta la tecnologia in loro possesso: pietre magiche per guardare ovunque nel mondo, arnesi che scagliano fulmini e incidono le rocce, la capacità di aprire il corpo dei malati senza toccarlo.
Con infinito amore donarono agli Indios il lume della civiltà e gettarono le basi di un impero vastissimo che comprendeva Akakor, l’imprendibile fortezza di pietra nella vallata sui monti al confine tra Perù e Brasile, Akanis in Messico e Akahim in Venezuela, le grandiose città di Humbaya e Patite in Bolivia, Cadira, Emin sul Grande Fiume e maestosi luoghi sacri: Salazare, Tiahuanaco e Manoa sull’altopiano a sud.
Sotto Akakor, una rete vastissima di tredici città sotterranee, nascoste alla vista degli intrusi, come arterie invisibili percorrono le millenarie foreste brasiliane. La loro pianta riproduce fedelmente Schwerta, la dimora cosmica degli Antichi Padri. Una luce innaturale le illumina all'interno, mentre un ingegnoso complesso di canalizzazioni porta aria ed acqua sin nelle sue profondità.
Il potente dominio, che contava sotto di sé trecentosessantadue milioni di individui, durò tremila anni quando nell'Ora Zero, il 10.481 a.C., gli Antichi Padri ripresero la via del cielo con la promessa di ritornare".
Si tratta di una tradizione notevole e che si correla a varie notizie ed ipotesi inerenti alla paleontologia, alla paleoastronautica ed all'ufologia: in primo luogo i viaggiatori delle stelle erano esadattili (si ricordino testimonianze analoghe circa questo particolare anatomico). Il toponimo Akakor evoca la città cambogiana Angkor, i cui magnifici templi sono disposti in modo da riprodurre la costellazione del Drago.
Tra i vari autori, in particolar modo, è stato Timothy Good in Base Terra a soffermarsi su una comunità di visitatori che si nasconderebbero nella foresta pluviale brasiliana. Qui nel 1964 l'uomo d'affari tedesco Ludwig F. Pallmann, stando alla sua testimonianza, incontrò dei sedicenti extraterrestri provenienti dal pianeta Itibi Ra. Pallmann fu condotto in una piantagione a sud ovest di Iquitos, vicino al confine peruviano con il Brasile, dove gli abitanti di Itibi Ra si sarebbero insediati nel 1946 per dedicarsi a ricerche sulla flora e ad esperimenti di ibridazione. Di questi cosmonauti Pallmann descrive le mani: "Non hanno unghie e la carne particolarmente rosea, sottile e morbida arriva fino all'estremità di ciascun dito. [...] Sembra che siano in grado di analizzare il suono e forse anche di sentire attraverso i nervi sensori delle punte delle loro dita. Più tardi, ebbi anche la certezza che usano le dita come noi usiamo la lingua, per assaggiare ed esplorare, specialmente quando svolgono lavori di ricerca biologica". E’ una "fotografia" molto accurata delle mani, ma l’autore non nota l’esadattilia, evidentemente perché i suoi ospiti non avevano mani con sei dita. Eppure esiste forse un collegamento tra gli ufonauti stanziatisi recentemente nell’Amazzonia e gli antichi uomini delle stelle.
Infatti, stando a Pallmann, "gli alieni avevano localizzato i resti di un’immensa città dimenticata da tempo immemorabile a cui fu dato il nome di Linislam, sepolta sotto uno strato di undici metri di vegetazione tropicale. Laggiù, all’interno di un tempio, scoprirono un enorme simbolo precolombiano che, a quanto dissero, dimostrava che migliaia di anni prima un’altra civiltà extraterrestre era sbarcata per prima sulla Terra. Xiti (donna proveniente da Itibi Ra, n.d.r.) mostrò a Pallmann un simbolo analogo su uno dei pannelli di controllo dell’astronave". (T. Good, op. cit.. p. 433)
Pallmann dunque, con il suo incredibile resoconto, sembra suffragare le leggende riguardanti Akakor, sebbene non si sappia se egli fosse a conoscenza delle tradizioni relative alla fantastica città che non è l’unica struttura sotterranea costruita da misteriose creature di cui si favoleggia.
Meravigliosi insediamenti ipogei scavati da esseri di altri mondi, si troverebbero anche negli Stati Uniti, nelle Isole Salomone, in Romania, in Tibet etc.
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Fonti:
K. Brugger, La cronaca di Akakor: mito e saga di un antico popolo dell’Amazzonia, Roma, 1996
T. Good, Base Terra, Milano, 1998
L. Pallmann, Cancer planet mission, London, 1970
G. Pastore, Akakor, un mondo sotterraneo in Amazzonia, 2006
Id., Dei del cielo, Dei della terra, 2006
E. Perrucchietti, P. Battistel, Basi aliene in Romania, in X Times, n. 9, luglio 2009
D, Vitagliano, Il regno di Akakor, 2006
U.F.O., il dizionario enciclopedico, a cura di R. Malini, Firenze-Milano, 2005 s.v. Akakor
Fonti:
K. Brugger, La cronaca di Akakor: mito e saga di un antico popolo dell’Amazzonia, Roma, 1996
T. Good, Base Terra, Milano, 1998
L. Pallmann, Cancer planet mission, London, 1970
G. Pastore, Akakor, un mondo sotterraneo in Amazzonia, 2006
Id., Dei del cielo, Dei della terra, 2006
E. Perrucchietti, P. Battistel, Basi aliene in Romania, in X Times, n. 9, luglio 2009
D, Vitagliano, Il regno di Akakor, 2006
U.F.O., il dizionario enciclopedico, a cura di R. Malini, Firenze-Milano, 2005 s.v. Akakor
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